Per amore solo per amore
di Daniele Rubboli

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1944 Torino EIAR "l'ora del soldato"

Scrivo queste righe mentre stava per arrivarmi addosso il Natale 2002: più invecchio e più il tempo mi scorre accanto così velocemente che mi sembra di aver augurato ieri Buona Pasqua e già mi ritrovo il pensieroso San Giuseppe che senza aver conosciuto biblicamente Maria divenne padre, appunto 2002 anni fa, e tale fu per amore solo per amore.
Allo stesso modo nascono e vivono i Lirici Club: per amore solo per amore.
Per quell'amore che le istituzioni pubbliche non hanno e che occorre far loro conoscere con la caparbietà degli apostoli.
Per quell'amore che merita l'Uomo e la sua creatività quando mette a frutto i talenti affidatigli da Dio, e sarebbe bestemmia se all'Uomo Italico fosse negata l'immortalità per aver inventato il teatro della musica (accadde a Firenze oltre 400 anni fa con un gesto di pirateria artistica ai danni di Ferrara), averlo cresciuto come figlio amatissimo in senso all'intelligente civiltà contadina italiana, delle isole e del "continente", averlo infine ben presente come patrimonio da consegnare alle giovani generazioni affinché senza clonazioni, ma per parto naturale, si riproduca nel tempo per amore, solo per amore.
Se il cinema ha ucciso il melodramma storico e gli ha tolto il ruolo di spettacolo nazional popolare, mezzo secolo dopo la tv gli ha portato via quello che rimaneva del popolo di melomani.
Fu allora che incominciarono a morire le stagioni d'opera nei teatri di provincia ed anche quelle che oggi ricordiamo come voci d'oro della metà del '900, non sempre ebbero l'omaggio dei teatri gremiti.
Metropoli e capoluoghi di provincia compresi, con unica isola di resistenza quella Emilia Romagna che servì da riserva naturale per una razza in via d'estinzione.
La stupidità, cresciuta così vivacemente nell'emittenza tv, è stata la salvezza dei melomani che sono tornati ad uscire di casa per vedere che cosa accadeva in teatro.
Eravamo negli Anni Settanta del secolo scorso e il teatro riconquistò il ruolo di piazza coperta, dove ci si poteva ritrovare per vivere sentimenti comuni, scambiarsi impressioni, dialogare intelligentemente.
Ed il teatro della musica incominciò a ritrovare occasioni di luce dentro e fuori le antiche sue mura.
Nascono allora i Lirica Club.
Quelli storici hanno infatti trent'anni o poco più.
La fame e la sete del bello in musica esplodono in una grande rivolta di popoli che non solo si riappropria dei teatri e delle arene estive, ma organizza l'associazionismo privato per far teatro in casa, in chiesa, negli auditori, nei cortili di ville e castelli, nelle piazze. Ovunque.
Nel giro di pochi anni i missionari della musica da teatro fondano parrocchie in ogni angolo d'Italia dalle Alpi allo Ionio e i fedeli si moltiplicano prima esaltandosi solo per la marcia trionfale dell'Aida, poi incominciando a riconoscere perle nascoste in ostriche come Il cavaliere della rosa di R. Strauss, o il piacere di assaporare gli aromi forti di tartufi sotterrati quali Ifigenia in Aulide di Ch.W. Gluck.
In questo rimboschimento dilagante di una cultura musicale che ha ancora tante ignoranze da battezzare, tanti peccatori da redimere, tanti atei da convertire, in una lotta serrata alla barbarie culturali così ben predicata dalla tv (- ultima perla: Ifigènia, con l'accento sulla "e" e non sulla terza "i" come dovrebbero sapere quelli che, pagati, lavorano per e non contro l'informazione -) nasce in Val Camonica, dieci anni fa, una nuova comunità di stretta fede operistica, per portare ai residenti ed ai loro ospiti, compresi
quelli che salgano fino a Darfo e Boario in cerca di antichi benefici termali, un ristoro spirituale da aggiungere ai benefici materiali delle acque che lì sgorgano.
A raccontarla così sembra facile.
Invece è impresa difficilissima come tutte le imprese degli uomini per gli uomini e tra gli uomini le quali, da quando la terra si è popolati di esseri d'entrambi i sessi capaci di starsene eretti su due gambe, sono sempre state risolte dai condottieri, dai capipopolo, da re, principi, paladini, papi.
E Lidia Soriani Cucchi per onorare la memoria di Aldo Protti predicando i piaceri del melodramma e dell'opera giocosa, da dieci anni si è fatta papa e re, paladina e condottiera meglio ancora di Giovanna D'Arco (lei infatti è o potrebbe essere da oggi Lidia… D'Arfo), per una crociata che non avrà mai fine.