Le opere - Lucia di Lammermoor

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La Lucia di Lammermoor è certamente uno dei testi più alti e più difficili del repertorio del bel canto donizettiano: impone che gli interpreti abbiano grandi capacità, notevole estensione e anche, soprattutto il soprano, una tenuta della voce che non è facile trovare. Ebbene: sicuramente gli interpreti della Lucia andata in scena presso il Teatro San Filippo di Darfo Boario Terme sabato 29 marzo avevano tutti questi requisiti. Il baritono Davide Damiani si è dimostrato un Enrico assolutamente convincente fin dalla Cavatina iniziale, confermando l'impressione nel canto nobile e staccato nella Cabaletta tutta belcantistica che segue. La grande scena del Contratto nuziale con il lunghissimo duetto con Lucia e il sestetto concertato con cui si chiude il primo atto hanno permesso alle doti di Damiani di emergere appieno. Purtroppo le necessità tecniche che impongono sempre di eliminare qualche scena di un'opera non hanno permesso di ascoltare il terribile duetto fra due nemici (baritono e tenore) che Donizetti inserisce nel secondo atto dell'opera; ma siamo certi che la dimostrata capacità si sarebbe manifestata appieno sul livello alto e tragico della scena.
La regia ha invece salvato un brano che spesso viene tagliato nelle rappresentazioni di Lucia, cioè la scena terza dell'atto primo nella quale emerge l'importante figura di Raimondo. La scelta registica ha permesso così di apprezzare le qualità del giovanissimo basso Andrea Patucelli che interpreta la sua parte con grande dolcezza e severità. Il Raimondo di Patucelli è un personaggio giusto ma di alta tragicità perché non riesce a prevedere le conseguenze delle azioni che consiglia, esattamente come voleva Donizetti. Le doti di questo basso (già sentito come un ottimo Mustafà in una recente Italiana in Algeri) si sono poi confermate nel sestetto già citato e nelle parti che è chiamato a svolgere nella scena della pazzia e nel finale dell'opera.
Massimiliano Barbolini è un tenore adatto alla parte di Edgardo: impetuoso, potente nella voce, di grande presenza scenica che sa gestire con sicurezza. È piaciuto soprattutto nel celeberrimo duetto con Lucia "Verranno a te sull'aure....", nel momento in cui si offre alle spade dei nemici nella scena del matrimonio e nel bellissimo finale, sia nel recitativo scarno, tragico e altamente melodico, sia nell'ansioso interrogare gli abitanti Lammermoor, sia nella cabaletta finale dove forse una punta in più di affetto e di ansia avrebbe reso perfetta l'interpretazione.
Anche i cantanti dei ruoli comprimari, il tenore Giacomo Gandaglia nella doppia parte del Normanno e di Arturo e il mezzo soprano Elena Bertocchi come Alisa, hanno ben svolto le loro parti, così come i Coristi del Coro lirico lombardo ottimamente diretti da Marco Beretta. Il ruolo del coro è tutt'altro che trascurabile in quest'opera e i Coristi hanno dato un'ottima interpretazione. A proposito: perché non sono comparsi alla ribalta per raccogliere la giusta parte di applausi che spettava loro?
E veniamo a Lucia: tutti gli appassionati aspettano sempre con ansia la splendida Cavatina e la successiva, aerea e leggera Cabaletta con cui Lucia si presenta; e poi i duetti con Edgardo e con Enrico, il concertato della fine del primo atto. Ma soprattutto l'attesa è sempre per la scena della pazzia. Anna Maria dell'Oste è stata magnifica: ha saputo interpretare questa scena difficilissima come il vero punto d'arrivo del personaggio tragico romantico che di fronte alla sofferenza e al dolore assoluto sceglie la pazzia come sognato rifugio dall'infelicità. La dell'Oste ha saputo esprimere perfettamente "il metodo" che c'è nella pazzia di Lucia, la sua logica (non sembri strana questa parola parlando di follia) che procede per flash di memoria, per sogni presi per realtà, per scambi di persona e -siamo in un'opera lirica, non dimentichiamolo- per richiami melodici. Il flauto solista (e una citazione specifica merita la flautista Federica Ziliani, come pure per i momenti più cupi dell'opera il cornista Mauro Taboni) e la voce della dell'Oste si sono fusi in una gara di levità straordinaria ad esprimere il sogno di fuga e di dimenticanza di Lucia. La voce del soprano è sempre stata all'altezza delle incredibili difficoltà tecniche che la pagina presenta, ma la dell'Oste non ha mai puntato sulla volontà di stupire a scapito dell'intensità del sentimento da esprimere. Insomma un'ottima Lucia.
Anche questa volta la regia è stata opera della segretaria dell'Associazione lirica Aldo Protti, Lidia Soriani Cucchi che ha puntato ad una scena pulita, lontana dagli "effetti speciali" e dai soliti lustrini, con poche cose in scena anche per permettere il risalto dei costumi storici del Teatro alla Scala. Deborah Mori ha accompagnato al piano anche come maestro concertatore tutta l'opera (e Felice de Paoli si è prestato come maestro collaboratore anche in questa occasione) coadiuvata dal flauto e dal corno di cui si è detto e dal violino di Daniela Sangalli. La Mori ha dimostrato ancora una volta come le capacità possano sopperire alle oggettive difficoltà derivanti dall'assenza dell'orchestra e di spazi adeguati. Le coreografie di Maria Luisa Raimondi e le ballerine dell'Arena hanno segnato due punti fondamentali dell'opera quale l'evocazione dell'apparizione del fantasma della antica dama trucidata subito dopo la prima comparsa di Lucia e il momento della festa delle nozze. E ci risulta che l'idea del fantasma all'inizio sia una novità di questa regia: c'è da scommetterci che qualche regista famoso vorrà copiare (senza citare la fonte, ovviamente).

Gianfranco Bondioni